Ovvero come distruggere un film in 10 minuti, quelli finali.
Per i primi 85′ sarebbe stato ok: un buon thriller, ambiguità, pochi personaggi ma buoni (tranne la protagonista, forse), (solito) immenso John Goodman, abuso fastidioso di musiche e effetti sonori, ma vabbè. Originale anche (solo) l’idea del “anche se è un pazzo non è detto che non abbia ragione”. Insomma, la terza via.
Poi c’è il finale che ammazza tutto: il film, il senso del film, il senso del film precedente, il senso del film successivo, il senso della vita.
C’è un momento preciso (anche se le avvisaglie c’erano anche dai minuti precedenti) in cui il film si trasforma da discreto thriller psicologico a Indipendence Day 3: la ragazza in piedi sull’auto, vede per la prima volta la nave-mostrone organico mortale avvicinarsi, scuote appena la testa e spara per la telecamera un You Gotta Be Kidding Me, giusto prima di precipitarsi di sotto a costruire una molotov.
Qualcuno ha detto franchise? Scendo qui, grazie.
Ripensandoci, l’unico finale plausibile sarebbe stato: Goodman prova davvero a fermarla (magari senza coltellate nel condotto di aerazione che fa tanto slasher, ma tenendo la bella battuta “You have no idea what’s oustide there”), lei riesce nella fuga, per poi trovarsi davvero faccia a faccia col mostro di Cloverfield e fare la stessa fine dei ragazzi dell’altro film. Punto. Sarebbe stato anche più coerente con il precedente, con la meta-idea del mostro, del video, di tante cose. Peccato.